Chiesa
Quella di San Rocco è l’unica chiesa confraternale veneziana pensata anche come sacrario del proprio santo titolare. Il corpo di San Rocco, conservato nell’altar maggiore, fin dal suo trasferimento a Venezia nel 1485 è meta incessante di pellegrinaggi, grazie al suo potere taumaturgico di protezione dalla peste.
La costruzione della chiesa
Una prima chiesa, poi abbandonata doveva essere stata costruita già nel 1485. La nuova chiesa, impostata nel 1489 dal proto Pietro Bon è stata profondamente trasformata nel corso dei secoli. La veduta di Jacopo de’ Barbari raffigura un edificio molto sobrio. Il tipo planimetrico adottato da Bon, una navata unica (illuminata da quattro alte monofore per lato) con tre cappelle absidali inquadrate da lesene, appartiene alla tradizione veneziana di chiese conventuali (come Santa Maria dei Servi o Santa Maria della Carità) o monastiche (San Gregorio). Ma mentre a San Rocco le cappelle laterali sono semplici vani absidati voltati a crociera, quella centrale, destinata all’altare dove è conservato il corpo di San Rocco, è un maestoso spazio quadrato a sua volta absidato ma coperto da una cupola su pennacchi.
L’altare maggiore e la reliquia di san Rocco
A distanza di pochi mesi dall’apertura del cantiere, nel marzo del 1490, la cappella laterale sinistra del presbiterio doveva già essere conclusa e pronta per accogliere la reliquia del corpo di san Rocco che venne traslata dalla chiesa di San Silvestro. La reliquia rimarrà sistemata nell’altare dedicato successivamente al SS Sacramento fino al marzo 1520, quando, con una solenne processione, venne sistemato in un altare provvisorio cui era stato destinato fin dal 1493. Il concorso per la costruzione dell’altare maggiore venne vinto nel 1517 dallo scalpellino bergamasco Venturino Fantoni, che concepì un innovativo modello di “altare-reliquiario” basato sullo schema, sviluppato a Venezia soprattutto dagli scultori-architetti Pietro e Tullio Lombardo, del monumento funerario a forma di arco trionfale. L’altare-reliquiario è il punto focale di una complessa scenografia, incentrata sul culto del santo, che interessa tutta la cappella con gli affreschi della cupola e dell’abside (iniziati nel 1528) e i teleri sulle pareti affidati a Jacopo Tintoretto nel 1549.
La trasformazione del XVII e XVIII secolo
Sottoposta a partire dal 1680 a indagini statiche per verificarne la stabilità, la chiesa venne infine quasi interamente demolita e ricostruita dall’architetto Giovanni Scalfarotto tra il 1726 e il 1733. In questa operazione, Scalfarotto mantenne il presbiterio quattrocentesco e le dimensioni della navata precedente. Nell’ambito di questa operazione, vennero rimossi e poi ricollocati tutti i quadri, vennero staccati con una tecnica innovativa, alcuni affreschi e tutti gli altari preesistenti (compreso quello dedicato a Sant’Antonio che era stato ricostruito soltanto trenta anni prima) vennero demoliti e ricostruiti.